Bisturi, va di moda la Thailandia

L’Asia è in cima alle classifiche del turismo medico: ci si va a far operare dove costa meno. Un mercato che valeva 60 milioni  nel 2006 e ora veleggia verso i 100 miliardi di euro. E anche gli italiani sono sempre di più pazienti-viaggiatori.

Bisturi, va di moda la Thailandia

Una paziente occidentale durante un check up in Thailandia

Tra Malta e Tunisi c’è giusto il tempo per una rinoplastica, con tramonti sul mare assicurati in convalescenza. Il turismo medico è diventato un tale business che c’è persino chi ha pensato di aprire una clinica su una nave da crociera. Lo ha fatto Jeff Winner, imprenditore di San Diego, che ha fondato la SurgiCruise con l’idea di intercettare quella fetta di mercato della salute che pensa di abbinare la necessità (o lo sfizio) di un trattamento medico con la voglia di viaggiare e la possibilità di risparmiare grazie all’offerta da paesi emergenti che hanno strutture sanitarie private di livello occidentale, ma riescono a tenere basse le tariffe per chirurgia estetica, cure dentali o anche operazioni ortopediche e cardiovascolari senza liste di attesa e con il comfort di un cliente di lusso.

Perché questa è la vera novità, anche in un Paese come il nostro che gode di un servizio sanitario universale che offre servizi gratuiti di alta qualità. Quando si parla di turismo medico, infatti, non si tratta più soltanto di quegli italiani che guardano ai paesi dell’Est europeo per le cure odontoiatriche così care nel nostro Paese. L’offerta, e la richiesta, ora si allarga a uno specchio di prestazioni che si vanno a cercare dove si possono avere quando ci pare e in contesti lussuosi ma a prezzi molto competitivi.

Risultato: oggi i pazienti europei con la valigia rappresentano una notevole fetta del mercato: la classifica mondiale dei turisti-pazienti vede in testa gli statunitensi seguiti da inglesi e russi. Troviamo poi tedeschi, australiani, canadesi, indonesiani, irlandesi e arabi. Ultimi, ma pur sempre nella top ten, gli italiani, con tendenza decisamente in crescita rispetto agli anni scorsi. Come emerge dall’indagine Medical Tourism Climate Survey Report 2010, stilata dalla Intuition Communication, una società britannica di comunicazione in ambito medico che ha da poco acquisito una delle riviste di riferimento per chi si occupa di questo settore, l'”International Medical Travel Journal” (IMTJ).

Per il rapporto sono stati raccolti i dati di 257 organizzazioni di 55 paesi – agenzie specializzate nel turismo medico (molte delle quali giovanissime) come Euromedicals Tour, intermediari come Treatmentabroad. net, Healism o Healthbase, ospedali pubblici e privati. E il trend è chiaro: nel 2006, il mercato del turismo medico valeva 60 milioni di dollari e, secondo le stime di McKinsey & Company, toccherà i 100 miliardi nel 2012.

Le cure dentali, la chirurgia estetica ma anche quella ortopedica sono sempre i trattamenti più richiesti. Le dieci principali destinazioni al momento sono, nell’ordine, India, Thailandia, Stati Uniti, Ungheria, Malesia, nuova al business, ma in forte crescita con 300 mila pazienti-turisti l’anno in 35 cliniche private accreditate che si spartiscono un mercato da 60 milioni di dollari. Seguono Singapore, meta storica del turismo medico ma dai prezzi più esosi che accoglie circa 250 mila pazienti l’anno, il Messico, il Regno Unito, la Germania. E le Filippine, che nel 2004 hanno lanciato il Philippine Medical Tourism Program, un’iniziativa pubblico-privata per promuovere il turismo medico e già nel 2007 poteva contare su circa 100 mila pazienti. Il rapporto stima che che nei prossimi cinque anni Thailandia, India e Singapore guideranno il mercato, e che la classifica vedrà Spagna, Germania e forse Belgio tra le new entry.

Prima per la qualità dei servizi offerti, la Thailandia ha visto una forte crescita del turismo medico dal 2003 (25 per cento di pazienti in più in media l’anno, con una flessione dovuta recentemente ai disordini che hanno interessato il Paese) e i ministeri della Salute, del Commercio, degli Esteri e del Turismo stanno portando avanti un’aggressiva azione di marketing. Molto pubblicizzati i check up: bastano poche ore – una giornata al massimo – per un controllo in uno dei molti ospedali privati (accreditati dal ministero della Salute thailandese). I prezzi sono concorrenziali, non c’è neanche bisogno di fissare un appuntamento, e i risultati arrivano in un paio di giorni al massimo, anche via e-mail. “Tra chi sacrifica un giorno di vacanza per un check up ci sono anche molti cittadini dell’Unione europea, di tutte le età. La maggior parte degli italiani ha tra i 20 e i 50 anni e di solito si tratta di coppie in vacanza”, racconta Beatrice Giovanna Venturi, senior marketing manager al Bumrungrad Hospital di Bangkok. I pacchetti offerti dalla clinica vanno dai 50 ai 3-400 euro al massimo e prevedono, per esempio, il controllo delle funzioni renali e del fegato, lo screening per l’epatite e per i marcatori tumorali, l’imaging a ultrasuoni.

Il laboratorio analisi interno è certificato secondo gli standard internazionali (Iso) e, a seconda del tipo di esami, fornisce le risposte anche in due ore. Tutti i controlli si eseguono in un unico piano che ricorda l’esclusiva lounge di un aeroporto, con maxischermi e salette separate per le donne musulmane: in tutto sono circa 430 mila gli stranieri che varcano le porte della clinica ogni anno; in tutto, gli ospedali thailandesi accolgono ogni anno oltre un milione di stranieri.

Sono invece circa 500 mila l’anno i pazienti stranieri del suo primo competitor, l’India. Gli affari delle cliniche di Bangalore, Nuova Delhi, Chennai e Mumbai sono in forte crescita (più 30 per cento l’anno) e le stime prevedono che nel 2012 il loro fatturato potrebbe toccare i 2 miliardi di dollari. Qui si punta soprattutto sulla cardiochirurgia e sulla chirurgia ortopedica, ma anche sulla remunerativa chirurgia estetica. E le tariffe sono davvero concorrenziali: la catena degli Apollo Hospital in Nuova Delhi chiede 11 mila dollari per un bypass gastrico, contro i 15 mila in media necessari in Thailandia e a Singapore. Per una rinoplastica bastano invece 850 dollari, contro i 1.500 necessari in Egitto, in Tunisia o in Croazia, o i 6 mila di casa nostra.

Resta comunque l’interrogativo principe: ha senso, e, soprattutto, è saggio, spostarsi dall’altra parte del mondo per avere trattamenti che si possono avere sotto casa? Lo abbiamo detto: a pesare sulla voglia degli italiani di farsi il check up a Bangkok o la protesi d’anca a Singapore è il combinato disposto di avere una prestazione subito in un ambiente di lusso senza i costi della nostra ospedalità privata.

Ma se per orientarsi sulla scelta ci si può informare sulla qualità della struttura e il curriculum dei professionisti, sono da mettere nel conto i rischi del dopo: che fare se l’intervento va male? Se intervengono infezioni post-operatorie? Se la convalescenza è più dura e lunga del previsto? E i follow up, chi li fa? Insomma, a sentire i professionisti italiani, affidarsi a una struttura, per quanto di buon livello, ma sconosciuta e lontana migliaia di chilometri non è una buona soluzione per interventi importanti. Forse è meglio pazientare e tollerare la, talvolta scarsa, qualità alberghiera delle nostre cliniche.

C’è però la questione della chirurgia estetica, che in Italia si paga per intero e neppure a buon prezzo. Ma, ammoniscono in coro i chirurghi: è comunque un atto chirurgico, prevede anestesia, ferite aperte, ore di sala. Anche in questo caso è meglio non fidarsi di uno sconosciuto e il chirurgo Marco Gasparotti, nella sua rubrica su “L’espresso” non fa che ripetere che bisogna rivolgersi soltanto a professionisti iscritti alla Società dei chirurghi plastici e ricostruttivi (Sicpre). Eppure sono sempre di più gli italiani che tentano la fortuna. E soprattutto in Sud America. Dove la meta classica per questo tipo di trattamenti è l’Argentina: lo scorso settembre, per esempio, è nata la Salus Italia, che porta i suoi clienti nelle cliniche di Buenos Aires, seguendoli dalla trasferta al follow up post -operatorio. L’agenzia in questo primo anno ha ricevuto 86 richieste di interventi da donne e uomini anche molto giovani (il 33 per cento ha tra 23 e 35 anni), che nella maggior parte dei casi abbinano interventi (anche più di due) e vacanze. Sempre in Argentina operano i chirurghi della Renovar, che lo scorso anno ha ricevuto 1.700 richieste.

Ma il Sud America è dannatamente lontano e, anche se gli interventi sono più economici che non in Italia, il viaggio in sé non è per tutte le tasche. Diverso, invece, è il caso della vicina Tunisia che sta riscuotendo un grande successo tra gli italiani: “Nel 2009 abbiamo effettuato oltre 1.500 interventi di turismo medico, e per il 2010 siamo a una media di 138 al mese”, fanno sapere i responsabili dell’agenzia Chirurgia&Vacanze. La Tunisia si avvia a essere il principale competitor dei paesi dell’Europa orientale che ancora sono meta privilegiata nel settore delle “dental holiday”: i cittadini dell’Unione con il mal di denti si muovono verso Est. La meta prediletta, però, non sono più Croazia e Slovenia, per via dei prezzi troppo alti rispetto alla nuova concorrenza di Ungheria e Polonia soprattutto.

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