C’è un posto in Laos che compare di rado negli itinerari di viaggio, ma a torto. Un posto sperduto e solitario, dove per arrivarci dovrete fare una deviazione lunghissima (a meno che siate diretti in Vietnam) attraverso strade tutte curve e uno scenario che cambia in modo costante davanti ai vostri occhi: quel posto si chiama Phonsavan.
Quando arriverete vi troverete davanti una città impolverata, probabilmente avvolta nella bruma della mattina, con poche strade a rastrelliera, qualche guesthouse e poco altro. Eppure la sosta a Phonsavan può trasformarsi in uno dei momenti più alti del vostro viaggio in Laos; il motivo è presto detto e risponde al nome di Plain of Jars: la Piana delle Giare.
La Piana delle Giare
A pochi chilometri da Phonsavan, su un’area che si estende per centinaia di chilometri quadrati si trovano disseminate migliaia di giare, dei grandi contenitori in pietra, di origine antica e sconosciuta. La loro funzione resta ancora un mistero, così come la civiltà che le realizzò. Secondo alcuni furono create per la fermentazione del vino di riso; secondo altri venivano utilizzate come urne funerarie. Quello che è sicuro è che risalgono all’Età del Ferro del Sud-Est Asiatico e quindi al periodo compreso tra il 500 a.C. e il 200 d.C. Molte giare nel corso del tempo sono state trafugate, ma ne restano ancora circa 2.500.
Restano comunque altri dubbi: come e dove è stato possibile realizzare dei contenitori così grandi? Come è stato possibile trasportarli fin lì? Questi interrogativi non hanno ancora trovato risposta.
Visitare la Piana delle Giare è di per sé qualcosa di affascinante e toccante. In realtà la zona non è una pianura, come il nome vorrebbe far credere, ma è una fascia collinare dall’aspetto brullo e spelacchiato, fatta di pendii e piccole alture. Tre i siti principali, tutti visitabili, di cui il primo, il Sito 1, è il più ampio e facile da raggiungere (basta uscire una manciata di chilometri dal centro abitato di Phonsavan in direzione sud-ovest).
Nel Sito 1 sono conservate 334 giare di varie dimensioni (la più grande è alta oltre 2,5 m e pesa 6 tonnellate) e c’è una grotta in cui, secondo la leggenda, le giare sarebbero state cotte (sempre secondo la leggenda le giare furono realizzate con un composto di pelle di bufalo, sabbia, acqua e zucchero di canna). I siti 2 e 3 si trovano invece a qualche chilometro di distanza e sono raggiungibili attraverso una strada che diventa sterrata e passa attraverso alcuni sperduti villaggi (per raggiungerli è meglio armarsi di cartina). I due siti sono più piccoli e contengono meno giare, ma si trovano in una posizione stupenda con vista sulle montagne e i pascoli sottostanti.
Le grandi giare in pietra colpiscono subito l’attenzione, ma c’è un non so che di insolito che non è da meno: camminando nel sito si notano strani avvallamenti del terreno e cartelli di monito, con esortazioni a non abbandonare il sentiero tracciato. Quelle strane buche non sono altro che i segni delle bombe che qui, durante la (perché non fu solo “Guerra del Vietnam”), vennero sganciate in un numero impressionante.
La regione intorno a Phonsavan fu pesantemente colpita da bombardamenti a tappeto durante la Guerra d’Indocina e solo una piccola parte dei siti che costituiscono la Piana delle Giare sono stati bonificati. La vista a quel paesaggio brullo e spoglio, troppo spoglio ripensandoci, assume ora tutto un altro significato.
Durante gli anni della guerra tra il Vietnam e gli Stati Uniti, gli americani bombardarono pesantemente questa zona perché vicina al confine vietnamita e al “Ho Chi Minh Trail”, l’insieme di sentieri tra Laos e Vietnam attraverso i quali i viet-cong trasportavano armi e rifornimenti verso sud. Quello che nessuno ci mai raccontato, almeno qui in Occidente, è che anche il Laos fu pesantemente bombardato dagli Americani. Ma questo non lo si doveva sapere. Gli americani condussero nei confronti del Laos quella che chiamarono Secret War: la guerra segreta.
Avendo fatto lo sbaglio di consentire il passaggio di merci da parte dei ribelli vietnamiti (e con l’aggravante di essere in mano ai Pathet Lao comunisti), anche il Laos divenne nemico americano e ne subì la feroce vendetta. Gli americani qui sganciarono un numero spaventoso di bombe (tra il 1964 e il 1973 in Laos furono sganciate più di due milioni di tonnellate di bombe e ci furono più di 580.000 bombardamenti) e fecero uso intensivo di armi chimiche; lo scopo era quello di “dare loro una lezione”, perché, come dissero, “solo distruggendoli è possibile salvarli”.
Questo spiega anche l’aspetto brullo e incompleto di Phonsavan. La città originaria, che si chiamava Xianhuang, è andata totalmente distrutta durante i bombardamenti ed è stata ricostruita ex novo a qualche chilometro di distanza, dove si trova ora.
Fermarsi a Phonsavan solo per visitare la Piana delle Giare però non basta. Ci sono due posti assolutamente da visitare: il Centro Informazioni sulle bombe inesplose, gestito dal MAG (Mine ADvisory Group), un’associazione britannica e il Centro Informazioni dei Sopravvissuti agli Ordigni Inesplosi di Xieng Khouang, che si trovano uno accanto all’altro nella via principale di Phonsavan.
La visita a questi due centri è molto commovente ma dovuta. Entrambi custodiscono foto, video e reperti che raccontano gli anni della Guerra di Indocina (con le testimonianze di chi ha subito mutilazioni o assiste impotente alla nascita di figli deformi a causa delle armi chimiche) e di un problema ancora purtroppo molto attuale: quello delle mine inesplose.
Si calcola che circa il 25% dei villaggi laotiani sia ancora contaminato da ordigni inesplosi, che causano ancora oggi un elevato numero di vittime. Molte di queste sono bambini, che raccolgono “quello strano metallo” per poi rivenderlo e raggranellare qualche soldo.